Matteo Renzi “Gambler in a rush”, Inchiesta, 25 marzo 2014

A livello macroeconomico non possiamo quindi aspettarci qualcosa di molto diverso dalla intensificazione delle politiche di svalutazione interna, che coniugate sul lavoro significano rapporti di lavoro flessibili, precari, con basse retribuzioni, che consentono alle imprese di poter competere sui costi e sui prezzi piuttosto che sulla qualità di ciò che producono. L’idea è che si possa ridurre il gap di competitività con i paesi virtuosi, e cercare di riequilibrare deficit commerciali e debiti pubblici rilanciando un modello export-led per tutti i paesi periferici dell’eurozona, contraendo la domanda interna. Questa è la politica che l’Europa raccomanda con pervicacia. Il rischio è grande per i paesi periferici: ogni paese cercherà di trarre beneficio dalle svalutazioni interne, riducendo occupazione e salari, comprimendo i costi per salvare la propria base industriale a scapito di quella altrui. La storia insegna che questo gioco non è a somma positiva, ma spesso negativa, soprattutto nel medio e lungo periodo. Ma ciò fa parte della malattia del short-terminism che i mercati finanziari hanno esteso all’economia reale.
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