Disintossichiamoci - Sapere per il futuro. FIRMA L'APPELLO

Disintossichiamoci: un appello per ripensare le politiche della conoscenza
Molti documenti arrotondati, limati e temperati sono stati scritti e sottoscritti in questi anni, documenti che hanno raccolto consensi ampi, talvolta anche virtualmente unanimi. Il loro effetto è stato nullo: tutto ciò contro cui protestavano è andato avanti con ritmo stabile, senza deviazioni, al limite col solo disturbo di dover produrre un po’ di rassicurazioni di maniera. Questa volta l’idea è stata in partenza un po’ diversa. Disintossichiamoci. Sapere per il futuro nasce con l’intenzione preliminare di evitare autocensure strategiche, il più delle volte presuntamente strategiche: calcolate moderazioni, che passano per avere il pregio di non esser “divisive” ma che di fatto non hanno altro risultato che confondere le posizioni di partenza. Piuttosto, si è cercato di verificare l’esistenza di una base fortemente coesa su una scelta di campo che non lasciasse spazio ad ambiguità, e si ritrovasse invece sulla necessità – come dice il documento – “di discriminare, di distinguere quello che non si può tenere insieme: condivisione ed eccellenza, libertà di ricerca e neovalutazione, formazione di livello e rapida fornitura di forza lavoro a basso costo, accesso libero al sapere e monopoli del mercato”. La volontà non è stata quella di convincere chi non è convinto, di trascinare chi è incerto, ma piuttosto di raccogliere insieme persone sufficientemente persuase del carattere tossico delle politiche dell’istruzione e della conoscenza degli ultimi decenni da potersi impegnare con determinazione per un loro radicale ripensamento. L’adesione ricevuta su questa strada è molto incoraggiante: avevamo posto una soglia simbolica di cento adesioni e ora oltre duecento firme di docenti universitari e ricercatori accompagnano questa dichiarazione nella sua prima uscita pubblica. Segno di un disagio che aveva bisogno di trovare voce, ma ancora di più forse bisogno di spezzare automatismi che impedivano di prendere parola: spezzare anzitutto la relazione fallace tra i mali della vecchia università e le attuali politiche dell’università e dell’istruzione, diffuse ben oltre la dimensione nazionale, anzi provenienti da esterne istanze di uniformazione a un nuovo modello di governo che si ritrova in tutte le politiche pubbliche. Oltre la “modernizzazione” di questi anni, quella che Badiou chiama “la forma servile del possibile”, invitiamo chi si riconosce in questa analisi della condizione presente a sottoscrivere il documento e a collaborare attivamente alle iniziative che metteremo in campo, anche in raccordo con altri movimenti europei.
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