Sandor Kopacsi su Giorgio Lunghini (22 dicembre 2018)
Ho appreso adesso della morte di Giorgio Lunghini. La notizia mi ha rattristato oltre ogni dire. Ho avuto la fortuna di conoscere e dialogare con Lunghini per oltre 25 anni e spero vivamente che nei prossimi mesi vi saranno iniziative strutturate sul suo pensiero che copre molti decenni e uno spettro amplissimo di argomenti teorici e politici. Non avrei ora la lucidità per esprimere nemmeno per sommi capi tutto ciò che mi ha passato in questi anni. Voglio invece ricordarlo con un episodio che dice tantissimo del suo modo di essere.
Si era nella fase in cui il PCI stava cambiando nome e si tenevano dibattiti affollati e appassionati, dove partecipavano, oltre ai militanti e all’apparato del partito, fior di intellettuali (a cui il PCI ha sempre tenuto molto) tra cui appunto anche lui. Lunghini era vicino alle posizioni degli ingraiani, ma era soprattutto uno che pensava con la sua testa. Si tenne un dibattito particolarmente partecipato in Camera del Lavoro a Milano, dove c’erano pezzi grossi del PCI, della CGIL, centinaia di militanti. Io, che all’epoca ero un suo studente e ci avevo parlato forse due tre volte, me ne stavo sul piazzale della Camera del Lavoro a distribuire volantini e riviste marxiste contro lo scioglimento del partito. Lunghini arrivò e salutò alcuni alti dirigenti del PCI, poi mi vide e mi si avvicinò, un famoso deputato del PCI gli disse una cosa tipo “lasciali perdere quei quattro sfigati” e Lunghini rispose con il suo tipico fare teatrale: “veramente sono venuto solo per comprare quello” indicando il giornale che vendevo. Lo prese tra gli sguardi schifati della burocrazia del PCI milanese ed entrò.
Quanto ci mancherai...