Era una delle misure più attese dalla legge di stabilità licenziata ieri dal consiglio dei Ministri. Il taglio del cuneo fiscale per lavoratori e imprese destinato a far lievitare, seppur leggermente, le buste paga.
Era una delle misure più attese dalla legge di stabilità licenziata ieri dal consiglio dei Ministri. Il taglio del cuneo fiscale per lavoratori e imprese destinato a far lievitare, seppur leggermente, le buste paga.
Come si sa però, il governo non è riuscito ad assicurare le risorse necessarie per rendere davvero significativo questo incremento. Oggi, la Cgia di Mestre, mostra con una simulazione quanto potrebbe valere, in concreto, il provvedimento sui nostri stupendi.
I vantaggi economici più “tangibili” sarebbero - spiega la Cgia - per i dipendenti con un reddito imponibile Irpef che oscilla tra i 15.000 ai 20.000 euro all’anno, che corrisponde ad un stipendio mensile netto compreso tra i 950 e i 1.250 euro.
con un reddito imponibile Irpef annuo di 15.000 euro, pari ad uno stipendio mensile netto di 971 euro, il vantaggio sarebbe di 172 euro all’anno, che si tradurrebbe in 14 euro mensili in più in busta paga;
- per un dipendente con un reddito annuo di 20.000 euro, equivalente a uno stipendio mensile netto di 1.233 euro, il vantaggio fiscale annuo sarebbe di 151 euro (13 euro al mese);
- per i redditi più elevati, sino ad arrivare alla soglia limite dei 55.000 euro, i vantaggi fiscali si dovrebbero progressivamente ridurre fino ad arrivare a importi mensili pressoché inconsistenti.
Si trova in
Bufale di Governo "LettaAlfanoNapolitano"
Un Patto sociale tra Produttori appare una chimera. Invocato da molti, per frenare il declino ventennale dell’economia italiana, trova nella politica nazionale e nei fautori dell’«austerità espansiva» in Europa i principali «sabotatori». Gli economisti avanzano varie proposte, le parti sociali sembrano almeno in parte disponibili al confronto, ma gli scenari possibili non sembrano prospettare soluzioni praticabili. Nel frattempo la quota del reddito da lavoro continua a diminuire: dal 1990 il lavoro ha perso circa 10 punti percentuali, la crescita della produttività è rallentata da metà anni ’90 e si è arrestata dal 2000, il gap tra produttività e salario reale è cresciuto; negli anni dell’euro ha prevalso la stazionarietà per salari e produttività, mentre è cresciuta l’occupazione precaria e mal retribuita. Ancora purtroppo si intende proseguire lungo una politica di flessibilità del mercato del lavoro, Occorre invece un cambiamento, in Italia ed in Europa, ed investire su lavoro stabile, retribuzioni e innovazione, tecnologica ed organizzativa, i principali fattori che possono far ripartire la crescita.