Il 21/11/1991 si laurea in Fisica presso l’Università di Pisa con voti 108/110 discutendo una tesi del titolo “Sistema automatizzato per misure di spettroscopia Raman e sue applicazioni allo studio dell' Azobenzene”. Relatore: Prof. Giampaolo Gorini.
Vincitore nel 1992 del concorso per dottorato di ricerca in Medicina Nucleare, VII ciclo, presso l’Università di Ferrara.
Dal 1/11/1992 al 31/10/1995 frequenta il corso di dottorato di ricerca presso l’Università degli studi di Ferrara.
Consegue il titolo di dottore di ricerca il 15/11/1996 discutendo una tesi dal titolo “Controllo di qualità ed applicazione di nuovi rivelatori alla Medicina Nucleare”.
Vincitore nel 5/1997 di una borsa post-Doc da usufruire presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Ferrara dal titolo “Problemi teorici, sperimentali e applicativi in fisica moderna”.
Il 1/2/1999 prende servizio presso la Facoltà di Scienze MM. FF. NN. dell’Università di Ferrara come ricercatore nel settore disciplinare B01B, Fisica Applicata.
E’ associato presso la sezione INFN di Ferrara con incarico di ricerca.
Dal 1994 presso il Dipartimento dell’Università di Ferrara ha partecipato attivamente allo sviluppo di rivelatori PET e SPECT. E’ stato progettato un tomografo ibrido PET-SPECT per piccoli animali ad alta risoluzione spaziale.
Dal 1999 collabora con l’esperimento PVLAS (misura della polarizzazione del vuoto con laser) pressi i Laboratori Nazionali di Legnaro (PD).

Attività di Ricerca svolta

L’attività di ricerca di Giovanni Di Domenico nel triennio Febbraio 1999 - Gennaio 2002 è stata dedicata principalmente al settore della Fisica Medica nello sviluppo dei seguenti progetti.

1) Tomografo PET-SPECT per piccoli animali
Durante il periodo del dottorato e del post-dottorato, Giovanni Di Domenico ha contribuito alla ricerca che ha portato alla realizzazione del tomografo ad emissione di positroni per applicazioni su piccoli animali denominato YAP-PET [A.2]. Nella continuazione della ricerca intrapresa in questo campo, Giovanni Di Domenico è stato tra i proponenti e realizzatori delle modifiche del tomografo necessarie a trasformarlo in un sistema capace di acquisire immagini in modalità singolo fotone (SPECT), modalità che impiega i fotoni con energia di 140 keV emessi nel decadimento del 99mTc. Per questa ragione due delle teste di rivelazione sono state dotate di un collimatore ad alta risoluzione: diametro dei fori 0.6 mm, spessore dei setti 0.15 mm, altezza dei fori 20 mm, efficienza a 140 keV ≈ 4x10-5. A causa di un’efficienza così bassa del collimatore, si è reso necessario progettare una schermatura del cristallo scintillatore che riducesse il contributo dovuto della radiazione esterna al campo di vista almeno di un fattore pari all’efficienza del collimatore stesso. Per questo motivo è stata realizzata una schermatura a doppio strato impiegando uno strato esterno di 5 mm di Piombo ed uno stato interno di 5 mm di Rame per l’assorbimento delle fluorescenze del Piombo. I risultati ottenuti nella caratterizzazione del tomografo quali risoluzione spaziale (3.5 mm FWHM), risoluzione energetica (27% FWHM), ed efficienza (4.2 cps/µCi) sono illustrati in dettaglio in [A.5, A.10, C.2-5, C.7-9 ]. Presso la sezione di Medicina Nucleare dell’Università di Ferrara il tomografo è stato impiegato sia in uno studio comparativo di traccianti cardiaci (SESTAMIBI e NOET) che nella caratterizzazione di un nuovo tracciante cardiaco giunto alla fase 2 della sperimentazione clinica su ratti di laboratorio [C.28, C.29].
2) Tomografo SPET-CT per mammografia
La mammografia è un esame medico di fondamentale importanza sia nella fase di screening che di diagnosi del tumore alla mammella. Tuttavia è nota la sua bassa specificità nel distinguere lesioni benigne da quelle maligne, con il conseguente impiego di tecniche invasive (biopsia) per ottenere la diagnosi finale. Al fine di avere a disposizione una tecnica d’indagine medica non invasiva con una più alta specificità si è deciso di impiegare la SPECT sfruttando la captazione del Sestamibi marcato con 99mTc da parte del tumore. Per migliorare la sensibilità dell’indagine SPECT, durante gli anni 1999-2000 è stato progettato e realizzato un primo prototipo di tomografo combinato SPECT-CT per applicazioni in mammografia come progetto di ricerca che coinvolgeva alcune università italiane. All’interno di questo progetto, Giovanni Di Domenico è stato il responsabile della fase di caratterizzazione delle due unità SPECT presenti sul tomografo ed ha contribuito alla fase finale di verifica del sistema integrato [A.12, B.2]. Questo compito ha richiesto anche la progettazione dell’elettronica di acquisizione per il sistema SPECT e la sua integrazione con il sistema di acquisizione realizzato per la CT. Una volta terminata la fase di caratterizzazione, si è proseguito con la fase di analisi dei dati tomografici sia CT che SPECT implementando le necessarie correzione dei dati prima della ricostruzione tomografica. Questa fase ha richiesto lo studio approfondito dei vari contributi presenti nei dati al fine di rimuovere, quando possibile, i contributi non necessari (fondo) e correggere le disuniformità presenti nei dati stessi (risposta dei rivelatori SPECT e CT, disuniformità spaziale e variazioni temporali del fascio di raggi X). I dati una volta corretti sono stati ricostruiti e le immagini ottenute con le due modalità sono state integrate con successo [C.21, C.24, C.27].
3) Mammografia ad emissione di singolo fotone (SPEM) e di positroni (PEM)
Negli ultimi anni si sono sviluppate, affianco alle metodiche di indagine morfologica (radiologia convenzionale, TAC, NMR), tecniche di indagine funzionale che permettono l’individuazione di alterazioni fisiologiche e di patologie prima che si presentino alterazioni e/o modificazioni della struttura dell’organo in esame. Tra tali tecniche è presente sia la tomografia ad emissione di positroni (PET) che la tomografia ad emissione di singolo fotone (SPECT), le quali offrono un valido aiuto nella diagnosi del tumore alla mammella nel caso di pazienti per le quali la mammografia a raggi X non fornisce immagini di utilità diagnostica (pazienti con mammelle radiodense o che presentano impianti). Al fine di migliorare le capacità diagnostiche di queste due tecniche d’imaging, è in corso un progetto che ha la finalità di realizzare un primo prototipo di mammografo statico SPEM-PEM che permetta di eseguire esami clinici in entrambe le modalità. Nell’ambito di questo progetto, Giovanni Di Domenico si è dedicato allo studio dei possibili cristalli scintillatori da poter impiegare nella tomografia ad emissione di positroni, in particolare rivolgendo la sua attenzione a matrici di BGO e di YAP:Ce. La scelta di questi due cristalli è stata fatta prendendo in considerazione che il BGO, pur avendo lo Z efficace più elevato, ha una bassa emissione di luce, mentre lo YAP:Ce, pur avendo uno Z efficace ridotto, ha una alta resa luminosa in un tempo molto breve (27 ns). Quindi se lo YAP:Ce ha un’efficienza sufficiente per fotoni di 511 keV, allora l’avranno anche LSO, GSO e BGO. Viceversa, se il BGO produce una quantità di luce sufficiente ad individuare I singoli elementi che compongono la matrice con pixel 2x2 mm2 allora anche con YAP, LSO e GSO si potrà fare altrettanto. Il progetto prevede l’individuazione di lesioni tumorali superiori a 3 mm, quindi una risoluzione spaziale di 2 mm è sufficiente, per questo motivo sono state scelte e confrontate matrici con cristalli delle dimensioni di 2 x2 mm2. Lo spessore di rivelazione scelto è stato di 30 mm per lo YAP:Ce e di 15 mm per il BGO in modo che i due cristalli avessero efficienze di rivelazione simili ed abbastanza elevate in assoluto. Le matrici sono state accoppiate a fotomoltiplicatori sensibili alla posizione e sono state ottenute le informazioni di risoluzione spaziale ed energetiche in entrambi i casi. Per le matrici di BGO analizzate i cristallini sono sempre individuabili, la risoluzione spaziale misurata lungo il profilo dell’immagine risulta compresa tra 1.3 mm ed 1.4 mm come FWHM, mentre la risoluzione energetica per il singolo cristallino è di circa il 19% in un caso e del 34% nell’altro sempre come FWHM. Nel caso della matrice di YAP:Ce abbiamo ottenuto una risoluzione spaziale, misurata lungo il profilo dell’immagine, di 0.8 mm come FWHM ed una risoluzione energetica per il singolo cristallino del 14% come FWHM. La risoluzione temporale della coincidenza misurata sia per una coppia di cristalli di YAP:Ce che di BGO ha fornito i seguenti risultati: per lo YAP:Ce ≈ 2.0 ns FWHM, per il BGO ≈ 5.0 ns FWHM. Questo parametro è importante nel definire la larghezza della finestra temporale della coincidenza (almeno il doppio di questo valore), e di conseguenza il rateo di coincidenze casuali acquisite dal sistema PEM proporzionale a tale valore.
4) Applicazioni delle tecniche Monte Carlo
Nell’ambito dello studio delle interazioni della radiazione con la materia, Giovanni Di Domenico si è occupato della modellistica Monte Carlo della diffusione elastica da parte di elettroni legati in modo da includere gli effetti della dispersione anomala. In particolare utilizzando il modello ad elettroni indipendenti in un potenziale centrale efficace è stato possibile descrivere la sezione d’urto differenziale nel seguente modo
ds/dW = 1/2ro^2(1+cos^2(theta))F(E,theta,Z)
dove ro è il raggio classico dell’elettrone, W rappresenta l'angolo solido ed hq=Esin(theta/2)/c rappresenta il modulo dell’impulso scambiato.
Il temine F può essere riscritto nell’ipotesi precedente come somma di tre termini
F(q,E,Z)=f(q,Z)+f'(E,Z)+if"(E,Z)
dove f’ ed f” sono i fattori di correzione per lo scattering anomalo, indipendenti dall’angolo di diffusione nell’ipotesi fatta mentre f(q,Z) rappresenta il fattore di forma atomico.
Tale modello di diffusione elastica è stato introdotto in un codice Monte Carlo di uso generale, EGS4, e sono stati confrontati i risultati ottenuti dalla simulazione, non utilizzando ed utilizzando la correzione per la dispersione anomala, con misure sperimentali ottenute su bersagli di Afnio e Piombo dal gruppo di Casnati, Baraldi e Tartari. I risultati ottenuti mostrano che il codice Monte Carlo modificato è in accordo con i dati sperimentali entro il 6% mentre il codice Monte Carlo originale può differire anche del 100% dai dati sperimentali [B.1, A.6].

Collaborazioni Scientifiche nel periodo 1999-2002
L’attività di ricerca è stata svolta in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Ferrara presso il Dipartimento di Fisica (dr. Guido Zavattini, prof. Mauro Gambaccini, dr. Agostino Tartari, prof. Claudio Baraldi) che con ricercatori di altre Facoltà o Dipartimenti (dr. Melchiorre Giganti, prof. Adriano Piffanelli, prof. Adriano Duatti, dr. Claudio Bonifazzi) o altre sedi universitarie (prof. Alberto del Guerra – Pisa).

L’attività di ricerca di Giovanni Di Domenico nel triennio Febbraio 2002 - Gennaio 2005 è stata dedicata principalmente al settore della Fisica Medica nello sviluppo dei seguenti progetti.

1) Studi quantitativi di biodistribuzione con il tomografo YAP-(S)PET
In genere, lo studio della biodistribuzione di un tracciante con la tomografia in emissione fornisce una valutazione qualitativa della concentrazione del tracciante stesso nei vari organi. Questo è dovuto sia al fatto che il dato ricostruito non è corretto per l’attenuazione subita dalla radiazione nell’attraversare i tessuti prima di raggiungere il rivelatore, sia alla mancanza di una procedura di calibrazione che converta i conteggi per secondo dell’immagine ricostruita in attività presente nel campo di vista al momento della misura.
Quindi, la possibilità di ottenere valutazioni quantitative con sistemi tomografici in emissione, eliminerebbe il sacrificio degli animali negli studi di biodistribuzione tradizionale e ridurrebbe i costi degli esperimenti e (variazione tra animali).
Per questo scopo, si è proceduto ad una fase di calibrazione del tomografo, utilizzando sorgenti di varia attività e forma, calibrate con un misuratore ISODOSE ed acquisite successivamente con il tomografo YAP-(S)PET. Per ridurre il possibile contributo dell’algoritmo di ricostruzione normalmente utilizzato, la retroproiezione filtrata, sensibile alla statistica degli eventi acquisiti; Giovanni Di Domenico ha proposto e sviluppato un algoritmo EM-ML con correzione della Point Spread Function del sistema con il quale sono state ricostruite tutte le immagini delle sorgenti. L’algoritmo è stato validato con simulazioni e dati speriementali ed è attualmente in uso nella versione commerciale dello scanner stesso. Al termine di questa procedura di calibrazione, è stato ottenuto il fattore di conversione K = 0.1346 ± 0.0008 MBq/cps. Successivamente, lo studio è proseguito su cavie di laboratorio, in modo da confrontare i dati di biodistribuzione tomografici con i dati di biodistribuzione tradizionale. L’acquisizione tomografica è stata eseguita su 180˚ [-45˚, +135˚] per ridurre l’effetto di attenuazione della gabbia toracica e colonna vertebrale, e i dati ricostruiti ed i valori di attività confrontati con quelli ottenuti con il metodo tradizionale di biodistribuzione. Correggendo i dati tomografici per l’attenuazione, i valori delle due metodiche erano in accordo tra loro entro il 3%.
Il tomografo YAP-(S)PET, dopo questa validazione, è stato impiegato sia in uno studio comparativo di traccianti cardiaci (SESTAMIBI e NOET), sia nella caratterizzazione di un nuovo tracciante cardiaco DODBC giunto alla fase 2 della sperimentazione clinica su ratti di laboratorio [A.6, A.11].

2) Sviluppo di un sistema TAC per il Tomografo YAP-(S)PET
Le immagini funzionali acquisite con il tomografo YAP-(S)PET per piccoli animali attualmente in funzione presso la Sezione di Medicina Nucleare del nostro ateneo permette la sperimentazione e lo sviluppo di nuovi traccianti da utilizzare in futuro sull’uomo sia per fini diagnostici che terapeutici. La distribuzione dei vari traccianti viene presentata in forma di immagini tomografiche delle sezioni di interesse dei piccoli animali, dove gli organi o le strutture perfuse vengono evidenziati con una scala di colori correlata alla concentrazione di tracciante presente. La localizzazione anatomica della captazione spesso risulta ambigua in quanto l’immagine ricostruita non ha punti di riferimento anatomici ben definiti, infatti la collocazione dei vari organi interni viene dedotta a partire dalla periferia esterna della sezione dell’animale. Questa ambiguità, però, può essere superata integrando l’immagine funzionale con l’immagine anatomica dello stesso animale acquisita tramite l’impiego di un sistema TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) per piccoli animali.
Quindi, Giovanni Di Domenico nell’ambito di questa ricerca ha progettato un sistema TAC da impiegare con il tomografo YAP-(S)PET in modo che soddisfasse le seguenti richieste:
una risoluzione spaziale tomografica che permettesse la facile identificazione degli organi interni dell’animale (≤ 500 µm);
una dose molto bassa impartita all’animale (≈ alcuni mGy);
un’errore relativo dell’1% nella misura dei coefficienti di attenuazione;
facile integrazione con il tomografo YAP-(S)PET.
Il rivelatore scelto è stato un rivelatore digitale realizzato con una matrice di 1024x1024 fotodiodi CMOS in diretto contatto con un sottile strato di scintillatore GADOX (ossisolfuro di gadolinio). Lo spessore dello scintillatore è stato scelto in modo da ottenere il miglior compromesso tra la risoluzione spaziale tomografica (diminuisce al diminuire dello spessore) e l’esposizione (diminuisce all’aumentare dello spessore). Come tubo radiogeno scelto è stato un tubo a raggi-X convenzionale con anodo in Tungsteno: questo perchè la disposizione geometrica di sorgente-campione-rivelatore è tale che il contributo della macchia focale alla risoluzione spaziale fosse inferiore ai 100 µm per una macchia focale di 1 mm.
L’energia ottimale per l’acquisizione delle immagini è stata calcolata in modo da avere un errore relativo dell’1% sulla misura del coefficiente di attenuazione per le dimensioni di trasversali di 4 cm e con la risoluzione spaziale richiesta: il valore ottenuto è stato di 23 keV.
In una prima fase il sistema è stato assemblato su un banco di misura con la disposizione geometrica finale. In questa configurazione è stato caratterizzato il rivelatore studiando la sua curva di linearità in funzione dell’esposizione: in questo modo abbiamo ottenuto la sua corrente di buio pari a 3.19 ± 0.03 ADU/s, il suo rumore elettronico pari a 14.9 ± 0.1 ADU. E’ stata valutata la sua risoluzione spaziale intrinseca con mire opportune ed il valore misurato è stato di 2.91 lp/mm. Inoltre sono state elaborate le procedure di correzione per eliminare i contributi dovuti alla corrrente di buio e alla non uniformità del fascio di raggi-X e del guadagno del rivelatore e sono state implementate le tecniche di correzione dei pixel e delle linee non funzionanti. Terminata la fase di caratterizzazione del rivelatore, il sistema su banco è stato integrato con un porta campioni rotante al fine di poter ottenere profili di trasmissione 2D in corrispondenza dei vari angoli di rotazione del campione sotto esame. Le immagini planari sono state corrette con le procedure descritte in precedenza, e ricostruite con algoritmi sviluppati per la ricostruzione di sistemi con fasci di irraggiamento conico. La risoluzione spaziale tomografica misurata è stata di 500 µm, con la possibilità di distinguere coefficienti di attenuazioni simili entro l’1% di variazione. La dose stimata impartita ad un fantoccio simil topo è di 5mGy in accordo con le richieste fatte. Successivamente il sistema su banco è stato integrato con una coppia di rivelatori PET/SPECT e si è proceduto all’acquisizione sia di immagini in emissione che in trasmissione e alla loro integrazione successiva con un ottimi risultati [B.7].

3) Sviluppo di un algoritmo di Fourier Rebinning per il tomografo YAP-(S)PET
La ricostruzione dei dati tomografici in PET richiede nella maggiorparte dei casi lo sviluppo di algoritmi iterativi 3D se si vogliono utilizzare tutte le linee di volo acquisite con il tomografo [A.2]. Questa scelta si rende necessaria perchè le tecniche di retroproiezione filtrata 3D richiedono dati completi su tutto il campo di vista assiale, o in mancanza di dati completi bisogna stimare i dati mancanti dalle informazioni a disposizione. La scelta di un algoritmo iterativo 3D comporta la soluzione di un sistema di grandi dimensioni: la matrice ha dimensioni di 3x10^6 righe e 10^6 colonne, con tempi elevati per il calcolo della soluzione. Esiste un’alternativa all’approccio iterativo che utilizza una relazione esistente tra i sinogrammi 2D PET e i sinogrammi 3D PET nello spazio di Fourier. Utilizzando questa relazione è possibile trasformare il problema 3D in un problema 2D con l’impiego di una tecnica di rebinning nello spazio di Fourier. I sinogrammi 2D cosi ottenuti sono ricostruiti con le tecniche di retroproiezione filtrata o con le tecniche iterative 2D in tempi molto brevi. Giovanni Di Domenico nell’ambito di questa ricerca ha sviluppato un algoritmo di Fourier Rebinning (FORE) per il tomografo YAP-(S)PET validando lo stesso con i dati ottenuti tramite l’impiego di un codice Monte Carlo, sviluppato in EGSNrc, che descrive il tomografo YAP-(S)PET. Il codice Monte Carlo è stato utilizzato per simulare sorgenti puntiformi, capillari e fantocci per poter valutare le prestazioni in termini di risoluzione spaziale dell’algoritmo stesso. La risoluzione spaziale ottenuta nelle direzioni x e z è stata inferiore ai 2 mm FWHM, mentre nella direzione y i valori sono stati inferiori ai 2.5 mm FWHM. Successivamente si è utilizzato l’algoritmo su dati reali, acquisiti con il tomografo trovando conferma dei risultati ottenuti nella fase di validazione. L’algoritmo è stato inserito nel software di ricostruzione in dotazione al software del tomografo commerciale.

Collaborazioni Scientifiche nel periodo 2002-2005
L’attività di ricerca è stata svolta in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Ferrara presso il Dipartimento di Fisica (dr. Guido Zavattini, prof. Mauro Gambaccini) che con ricercatori di altre Facoltà o Dipartimenti (prof. Adriano Duatti, dott. Licia Uccelli) o altre sedi universitarie (prof. Alberto del Guerra – Università di Pisa).

L’attività di ricerca di Giovanni Di Domenico nel triennio Febbraio 2005 – Novembre 2008 è stata dedicata principalmente al settore della Fisica Medica nello sviluppo dei seguenti progetti.

1) Applicazione di rivelatori a miscrostrip di silicio doppia faccia per applicazioni PET
Il progetto SiliPET nasce con lo scopo di costruire un tomografo PET per piccoli animali con le seguenti caratteristiche:
1.una risoluzione spaziale di ≈ 0.5 – 0.6 mm;
2.risoluzione temporale della coincidenza compresa tra 10 ns – 20 ns;
3.un efficienza di rivelazione di circa il 5%;
il tutto impiegando una una soglia inferiore di rivelazione per i fotoni ≤ 50 keV.
Studi preliminari ci hanno indicato che per ottenere una elevata risoluzione spaziale è necessaria una misura precisa delle coordinate della linea di volo dei 2 fotoni gamma emessi nel decadimento +.
Per ottenere questo si deve:
a.utilizzare un rivelatore che ottimizzi il numero delle interazioni singole che un fotone subisce all’interno del rivelatore stesso rispetto al numero delle interazioni multiple,
b.misurare con una buona precisione la profondità di interazione del fotone nel rivelatore,
c.avere un rivelatore abbia un pitch trasversale ≤ 500 micron.
Dato che l’energia dei fotoni da rivelare è di 511 keV e che la frazione di scatter nei piccoli animali è trascurabile, è possibile utilizzare come scelta costruttiva un rivelatore che a basso Z permetta di ottimizzare il numero delle singole interazioni Compton e quindi soddisfare il punto a). Se i rivelatori fossero poi costituiti da una serie di piani indipendenti di rivelazione assemblati in forma di stack in modo da ottenere uno spessore sufficientemente alto, avremmo sia la misura di profondità punto b) che una buona efficienza. Queste considerazioni suggeriscono di impiegare dei rivelatori di silicio a microstrip doppia faccia assemblati in stack per costruire un elemento di rivelazione del tomografo. Simulazioni MonteCarlo eseguite con EGSnrc hanno fornito un’efficienza del 5.1% per una configurazione con spessore equivalente di silicio di 4 cm, con una risoluzione spaziale di 0.49 mm @ FWHM includendo gli effetti di non collinearità ed range del positrone. La sorgente puntiforme di positroni impiegata nella simulazione è il 18F ed il pitch delle strip utilizzato nella simulazione è di 500 micron. Per selezionare solo i singoli eventi, i rivelatori all’interno di ogni stack sono posti in OR esclusivo e ciascuno stack è posto in coincidenza temporale con gli altri tre. Nel progetto SiGeSPES, è stato valutato dal gruppo di Ferrara e di Perugia l’impiego di rivelatori di silicio a microstrip doppia faccia di spessore 1 mm per applicazioni PET. Le caratteristiche dei rivelatori prodotti dall’IRST si sono rivelate adeguate alle richieste del progetto SiliPET per quanto riguarda soglia di rivelazione, e la risoluzione spaziale: infatti, le prime misure effettuate in coincidenza temporale tra due rivelatori spessi 1 mm con pitch 500 micron hanno fornito una risoluzione spaziale di 0.68 mm @ FWHM con soglia di rivelazione di 30 keV. In queste prove i rivelatori erano letti da chip VATAGP2.5 dell’IDEAS con un formatore fast (peaking time 1.1 us). Le misure di risoluzione temporale della coincidenza hanno fornito una risoluzione temporale di 230 ns utilizzando come segnale di timing il segnale di trigger del chip, prodotto in corrispondenza dell’attraversamento della soglia di rivelazione da parte del segnale analogico prodotto dal fast shaper del chip stesso. Il valore alto di risoluzione temporale è attribuibile principalmente ad effetti di time-walk, time jitter, ed un contributo dai tempi di raccolta della carica prodotta all’interno del silicio.

2) Il progetto europeo LABSYNC
Il progetto LABSYNC è un progetto del 7-mo programma quadro europeo che ha la finalità di sviluppare sorgenti di fotoni con caratteristiche avanzate. In particolare, LABSYNC propone l'impiego di una sorgente di luce di sincrotrone di piccole dimensioni, il Mirrorcle sviluppato dal prof. Yamada. Il Mirrocle è composto da 2 microtroni, il primo con il compito i di accellerare gli elettroni, mentre il secondo serve allo “storage” del fascio di elettroni con energia del fascio di 6 MeV o 20 MeV e permettendo alte correnti (3 A). Gli elettroni relativistici producono intensa radiazione infrarossa nell'intervallo compreso tra 10^-2 m a 10^-6 m. Inserendo opportuni bersagli nel percorso del fascio si può generare radiazione di transizione, bremsstrahlung e radiazione parametrica . Il primo compito del progetto è di caratterizzare completamente la radiazione prodotta dal Mirrocle con vari bersagli. Tra i parametri hanno particolare importanza la brillanza, la divergenza del fascio, la polarizzazione e la monocromaticità dello stesso.
La mia ricerca, allinterno di questo progetto, si è concentrata sullo studio delle caratteristiche della radiazione PXR prodotta con l'utilizzo di cristalli realizzati on materiali diversi o con diversa orientazione dei piani cristallini rispetto alla direzione del fascio incidente. Utilizzando il modello “diffrattivo” ho sviluppato un codice per il calcolo dello yeald in condizioni di cristallo perfetto, ed introducendo nel calcolo gli effetti della divergenza del fascio, del multiplo scattering e della mosaicità del cristallo.
Collaborazioni Scientifiche nel periodo 2005-2008
L’attività di ricerca è stata svolta in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Ferrara presso il Dipartimento di Fisica (dr. Guido Zavattini, prof. Mauro Gambaccini) che con ricercatori di altre Facoltà o Dipartimenti (prof. Adriano Duatti, dott. Licia Uccelli) o altre sedi universitarie (prof. Carlo Fiorini– Politecnico di Milano, dott. Giovanni Ambrosi – INFN Perugia).